Quando osservo un modello gestionale delle attività di digital marketing, l’AI marketing è oramai sempre più presente. La vedo attiva nell’area organizzativa, nelle principali scelte basate su cluster collaudati e in forte sviluppo anche nell’area relazionale.
Mentre la Cina sembra investire molto nello sviluppo dell’alimentazione elettrica per il futuro delle auto, gli USA ci danno la sensazione di voler puntare sul dominio dell’Intelligenza Artificiale, con i Big Player a far da padroni, tra Bot e processori dedicati come SoC A11 Bionic, già presente nei nuovi smartphone.
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Dove arriva l’AI Marketing?
Alcune App sono in grado di comprendere cosa stiamo fotografando, apportare piccoli accorgimenti estetici e interventi artistici alle nostre foto. Altri processori possono invece riconoscere e nominare soggetti e oggetti di un filmato, descrivendo le azioni che stanno compiendo.
A raccontarlo dieci anni fa, sarebbe stata fantascienza. Eppure oggi, nel marketing digitale e non solo, la percezione è quella che nei mercati del futuro le scelte di comunicazione saranno sempre più generate dall’Intelligenza Artificiale, interessata a massimizzare i risultati ben pianificati a priori. Se così fosse (o sarà), a noi non resterebbe altro che il ruolo di creatori di messaggi.
La Creatività nel marketing sopravviverà?
La tentazione di rispondere con una domanda: “Quale creatività?”
Dal latino “CREARE”, con la stessa radice sanscrita-vedica Kar (come la parola karma) fino al greco Kronos, padre di Giove, e per terminare con la parola Corpo (fatto dal nulla), la creatività è la capacità – per alcuni il dono – di dare forma, di generare dal nulla.
Creativo è un bimbo che unisce due parole e genera un neologismo senza rendersene conto. Creativo è un pubblicitario che riesce ancora a sorprendere generazioni avvezze alla promozione di prodotto.
La creatività è oggi più che mai un’espressione di intelligenza, nel senso etimologico del termine, della capacità di collegare le cose tra loro. In modo sensato. In modo sensato e interessante. In modo sensato, interessante e ironico. In modo tale da destare l’attenzione del cliente, farlo ragionare quel minimo da permettergli di comprendere l’altra faccia, e quindi l’ironia, di ciò che ha appena letto, visto, ascoltato. O di ciò in cui è appena stato coinvolto.
Coinvolgimento, emozioni e ironia nell’AI Marketing
Ironia e coinvolgimento emotivo sono le due chiavi di lettura che richiedono una capacità della quale oggi l’A.I. sembra essere sprovvista: il vissuto emotivo, meglio noto come esperito. Possiamo raccontarle le emozioni, descriverle, ma non possiamo portala a viverle. Per ora.
Il coinvolgimento richiede una maggior empatia e, al contrario di come possa suggerire il buonsenso, è maggiormente imitabile da un processore, in grado di apprendere che gli occhi di un neonato e un suo sorriso possono spostare emotivamente il nostro comportamento.
L’ironia implica invece una capacità di interpretazione degli avvenimenti, una lettura “diversa” dalla mera descrizione funzionale. Un processo talmente complesso, che noi stessi fatichiamo a compierlo davanti agli accadimenti del nostro quotidiano.
Difficile interpretare in chiave ironica il fatto di essere usciti di casa, aver dimenticato chiavi e ombrello dentro, mentre scopriamo che fuori diluvia. Difficile non cadere nel sarcastico, non scivolare sul comico, non rendere “poco interessante” la lettura di ciò che è accaduto.
Immaginiamo di chiederlo a un processore. Diamogli tempo.
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Al digital marketing, e non solo quello, resta questa porzione di creatività, di ironia nei confronti della vita. Oltre a qualche capacità innovativa, a cui per ora l’intelligenza artificiale può solo aspirare.
Mentre è probabile che anche a livello strategico l’AI marketing possa essere un valido e, in futuro, autonomo aiuto – già adesso è in grado di generare workflow nel customer relationship management – difficilmente le macchine più intelligenti riusciranno a capire la sottile differenza tra ironia e altre figure retoriche.
Come si dice, ironia della vita…