Retail App: si o no? Perché i retailer si dividono sulle strategie mobile

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Quante volte al mattino bevendo il caffè apriamo un’app sul nostro Smartphone? Una routine che fa parte ormai dei nostri bisogni quotidiani. Fitness, sport, news, hobby…a questi e altri interessi personali dedichiamo i nostri primi pensieri post risveglio. E poi consultiamo l’agenda, segniamo un appuntamento, controlliamo il tempo che farà…le app sono parte integrante dei nostri micromomenti quotidiani, le utilizziamo in media 30 ore al mese.

Un’applicazione mobile sembrerebbe essere quindi il modo migliore per mantenere vivo un cliente o un potenziale acquirente.  Eppure, esiste un lato di questo fenomeno che ci allontana da una simile conclusione: non basta un’app per tenere agganciato un consumatore! Una regola che vale soprattutto nel settore Retail.

Dopo alcuni interessanti confronti con retailer italiani sia del mondo fashion, sia del settore food, mi sono chiesta perché nei confronti delle app, i retailer si dividono tra propugnatori e contrari.

Le motivazioni dei contrari 

“L’utilizzo delle app dei retailer all’interno del processo d’acquisto in-store è minimo tra i consumatori”

La percentuale oscilla dall’ 8% al 25%. Secondo alcune ricerche le motivazioni sono da ricercare nello scarso impegno dei retailer a stimolare il download e a sollecitare l’utente ad un uso costante dell’app attraverso offerte e funzionalità appetibili.

“Gli utenti scaricano app ogni giorno, ma molte vengono abbandonate o non vengono mai usate”

Google a questo proposito offre alcune strategie utili ad evitare il tasso di abbandono delle app:

  • Le retail app devono essere visibili ovunque, nei motori di ricerca, nei siti, nella comunicazione in genere, non solo ricercabili attraverso gli app store;
  • Il coinvolgimento è fondamentale, poiché gli utenti tendono a perdere interesse facilmente;
  • E’ importante attirare l’attenzione degli utenti che hanno abbandonato l’app, offrendo qualcosa in cambio (sconti o voucher),  dando valore all’app (contenuti premium) e creando esperienze personalizzate.

Le app sono paragonabili ad un essere vivente, vanno nutrite. Meglio nutrirò l’App e più i suoi frutti saranno gustosi e desiderabili al palato dei miei clienti. Il punto è quanto marketers e digitals del brand sono pronti ad alimentare con creatività, passione e attenzione al cliente le loro creature. Mi sono imbattuta in app copia-incolla del sito web, nemmeno tanto veloci e semplici da usare.

Le app degli online Store multibrand (Yoox e Dalani insegnano) al contrario esprimono potenza.  La potenza di stimolare l’acquisto, di solleticare il tuo bisogno latente, di suscitare un desiderio. Dietro a queste app si nascondono team che governano strategie, disegnano customer journey e attivano azioni di marketing automation continue: promozioni, alert sui carrelli abbandonati, notifiche, newsletter per far infilare nel famigerato carrello i prodotti più cool, più convenienti, più “inspired”.

Dare una risposta agli scettici, significa rispondere a una sola domanda: qual è il valore aggiunto che una Retail App deve avere, perché abbia motivo di esistere, venga usata dagli utenti e non muoia soffocata dalla potenza degli e-store multibrand?

I brand sono diventati ciò che sono per le loro capacità creative, per saper immaginare. Alcuni di loro, ad esempio, immaginano che si possano sfruttare i benefici di un’app senza avere un’app. Nel 2016 Boggi ha lanciato nei suoi negozi “FTF”, una stimolante tecnologia che permette di riconoscere i cliente fidelizzato semplicemente facendogli attivare il bluetooth dello smartphone. La sales cerimony dunque risulta fluida e dedicata. Il cliente vive un’esperienza di acquisto personalizzata, nel rispetto della sua privacy.

Le motivazioni dei propugnatori 

Chi crede nelle app, crede profondamente nel marketing di prossimità. App e Beacon sono ormai come il leit motiv dell’estate. Dalla GDO al Fashion, stanno sulla bocca di tutti. Attirare in negozio un passante, inviargli una notifica push mentre passa, naso all’insù, davanti allo scaffale, riconoscerlo all’ingresso non ha eguali.

Eppure…Anche in questi casi è necessario convincere l’utente a scaricare l’app. Comunicare un’app richiede uno sforzo pari o superiore al costo di realizzazione dell’app. Spesso si trascura infatti il vantaggio per il cliente.

Una ricerca di Unacast pubblicata a luglio 2016 rivela che una soluzione di proximity marketing è utilizzata in più del 50% delle organizzazioni fra retailer, grandi magazzini, hotel e attività turistiche, aeroporti e stadi.

L’ampia diffusione non corrisponde sempre a un utilizzo efficace: una altro studio condotto nel mercato USA afferma infatti che solo il 23% degli intervistati si dichiara soddisfatto della soluzione di beacon in-store implementata, un 22% prevede di modificare il processo. Il meccanismo è spesso complicato per l’utente (attivare il bluetooth non è immediato) e questo pone importanti sfide per i marketer.

Cosa pensa il consumatore delle Retail App

Avere mille app sullo smartphone….chi me lo fa fare? Ma cosa desiderano realmente i consumatori? Per quale vantaggio sono disposti a cambiare idea?

Secondo Luca Pellegrini, docente di marketing allo Iulm di Milano, i retailer che sono chiamati ad affrontare le crisi e le sfide di mercato attuali, dovrebbero fare un passo indietro e tornare ai basilari:

  • meno beni e più servizi: cresce il peso della componente servizi rispetto al mero prodotto
  • contesti più stimolanti: comfort e intrattenimento, giocare, imparare qualche cosa, fare esperienze.
  • una relazione fluida: la personalizzazione della relazione è una delle richieste principali del consumatore; l’app va bene, ma a condizione che offra contenuti reali, sia in grado di coinvolgere il consumatore nei suoi interessi o sia capace di risolvere i suoi problemi. L’app retail non può essere dunque svincolata da un contesto omnichannel, in cui l’utente può vivere la sua customer experience in store, on line e da mobile in un continuum.

App e innovazione nello store: binomio perfetto

Per i consumatori i punti vendita fisici mantengono un ruolo centrale nell’esperienza di acquisto. Il tatto è un senso che solo gli store possono alimentare. Toccare il prodotto rimane un must per molti. Quale ruolo possono giocare le retail app all’interno dello store? e come lo store deve evolvere per rispondere alle nuove esigenze di mercato?

Il consumatore si aspetta di trovare nel punto vendita le stesse funzionalità presenti nell’on line e nel mobile: conoscere la disponibilità della merce prima di entrare in negozio (75% dei consumatori), poter acquistare la merce attraverso l’e-commerce anche all’interno del negozio, ad esempio perché la taglia o il colore preferito non sono disponibili, oltre alla consegna a casa in giornata (73% degli acquirenti).

App e punto vendita possono evolvere puntando ai servizi. Premiare le visite in negozio utilizzando la geolocalizzazione tramite l’app retail, che regalerà punti fedeltà a chi si fa riconoscere. Carte fedeltà agganciate a logiche di Gamification su mobile per guadagnare punti, sconti o voucher per prodotti di terzi (co-marketing).

Digital couponing, marketing di prossimità, CRM in real time. Il tutto con un approccio ludico, secondo le regole della Gamification, capace di coinvolgere il cliente in una relazione di interesse reciproco sia per i brand che per i consumatori. Contenuti contestualizzati che arricchiscono l’esperienza che l’utente sta vivendo.  Su questi fronti dovranno evolvere le Retail App e con esse i punti vendita.

Retail App: si o no? Perché i retailer si dividono sulle strategie mobile ultima modifica: 2019-03-30T14:07:20+01:00 da Silvia Ghiotto

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